Cosa si intende per lavoro parasubordinato?
Il lavoro “parasubordinato” è quel tipo di rapporto di lavoro che intercorre tra due soggetti, il “collaboratore” (ossia chi presta l’attività lavorativa) e il “committente” (ossia chi beneficia dell’opera lavorativa), e che si definisce tale perché presenta caratteristiche proprie,
in parte, del lavoro autonomo
Il collaboratore, analogamente ad un lavoratore autonomo, si impegna a compiere un’opera o un servizio a favore del committente, senza alcun vincolo di subordinazione.
e in parte, del lavoro subordinato
Al collaboratore che presta la propria attività vengono estese delle prestazioni e delle tutele tipiche dei lavoratori subordinati.
- Il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa relativamente a tempi, orari e modalità
- Il collaboratore non è sottoposto al potere disciplinare
- La prestazione ha natura prevalentemente personale
- Non c’è il rischio di impresa
- Può essere previsto l’utilizzo di mezzi di proprietà del committente
- Il luogo dello svolgimento della prestazione può essere anche la sede aziendale o altra sede messa a disposizione dal committente
- La retribuzione predeterminata corrisposta a cadenza periodica
- Al collaboratore sono estese alcune tutele quali l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, l’istituzione, presso l’INPS, di un’apposita “gestione separata” per i contributi versati (con la quale si mira ad assicurare anche ai co.co.co, le prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti).
La Collaborazione Coordinata e Continuativa
La forma più comune di lavoro parasubordinato è la Collaborazione Coordinata e Continuativa, i cosiddetti contratti Co.Co.Co., la cui definizione è stata modificata con la legge 81/2017, che ha modificato l’art. 409 del Codice di Procedura Civile inserendo la seguente definizione:
“la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa”.
Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) rappresenta la prima forma di lavoro parasubordinato introdotta nel nostro ordinamento con la legge 533/1973 che, modificando l’articolo 409 cpc, ha esteso l’applicazione delle disposizioni sul processo del lavoro anche ai rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale, nonché a tutti gli altri rapporti di collaborazione che si concretizzano “ in una prestazione d’opera continuativa e coordinata prevalentemente personale anche se non a carattere subordinato”.
Excursus normativo
Il primo intervento legislativo si è avuto con il D.Lgs 276/2003, in attuazione della cosiddetta Legge Biagi, con il quale si giunge a stabilire che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per essere legittimi, debbano essere riconducibili ad uno o più “progetti specifici” consistenti in programmi di lavoro (o singole fasi di esso) determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, i cosiddetti co.co.pro.
Con la successiva Riforma del Lavoro, attuata con legge n. 92 del 2012 (legge Fornero), ogni tentativo di elusione delle normative a tutela del lavoro subordinato viene ulteriormente mitigato attraverso un irrigidimento della regolamentazione dei contratti a progetto. La Riforma Fornero ha modificato innanzitutto l’originaria definizione di lavoro a progetto, eliminando il riferimento ad un “programma di lavoro o fasi di esso” e introducendo la specificazione che “il progetto deve essere funzionalmente collegato ad un determinato risultato finale e non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente […]. Il progetto, pertanto, deve essere dotato di una sua specifica autonomia rispetto all’attività del committente.
Una significativa inversione di tendenza si è avuta a partire dal DLgs 81/2015, emanato in attuazione del cosiddetto Job Act, con il quale si ripristina il regime ante riforma Biagi (quello sostanzialmente in essere prima del 2003). Il Job Act mira a favorire una maggiore stabilità occupazionale introducendo il divieto di stipulare nuovi co.co.pro (mentre quelli già in essere potranno proseguire fino alla loro naturale scadenza) ed introduce l’obbligo di ricondurre eventuali contratti co.co.co, posti in essere dal 1°gennaio 2016, entro la disciplina del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Nello specifico, si stabilisce che sarà obbligatorio qualificare come lavoro subordinato tutti quei rapporti di collaborazione personale caratterizzati da modalità di esecuzione organizzate dal committente (anche con riferimento ai tempi e ai luoghi di lavoro), per i quali, pertanto, non sarà più possibile applicare la normativa prevista per i co.co.co.
Con la Circolare ministeriale n.3 del 2016 si sono chiariti alcuni aspetti controversi del Job Act, precisando che la disciplina del lavoro subordinato dovrà applicarsi ogni volta che il collaboratore sia tenuto ad osservare orari di lavoro determinati e quando il luogo di lavoro sia individuato dal committente. Si specifica inoltre che per “attività svolta personalmente” si deve intendere ogni attività eseguita dal lavoratore senza l’ausilio di terze persone.
Dall’entrata in vigore del D.Lgs 81/2015 non sarà più possibile stipulare i cosiddetti mini co.co.co o contratti di collaborazione occasionale. Il mini co.co.co era un contratto avente natura meramente “occasionale e saltuaria” e le cui finalità erano quelle di assicurare al lavoratore le tutele minime previdenziali e di contrastare eventuali forme di lavoro non regolare. I mini co.co.co erano così definiti perchè caratterizzati da una durata non superiore a 30 giorni nell’anno solare e da un compenso complessivo che non superasse euro 5000 annui. E’ stato altresì soppresso il cosiddetto lavoro accessorio nella sua accezione originaria come regolamentato dalla Legge Biagi.
Per sopperire al sostanziale vuoto normativo, il legislatore, con legge n. 96 del 2017, ha introdotto il contratto di prestazione occasionale (CpO) Tale contratto è stipulato esclusivamente per l’esecuzione di attività svolte non abitualmente e di carattere subordinato, ossia legato ad un committente (si pensi al classico caso della baby-sitter o della commessa di un negozio che lavora solo nei fine settimana o, ancora, all’insegnante che impartisce lezioni private).Tali attività sono retribuite mediante buoni voucher emessi dall’INPS e registrati all’interno del Libretto di Famiglia rilasciato al committente dall’ente stesso. Attraverso tale tipo di contratto, i lavoratori possono effettuare prestazioni del tutto occasionali (o comunque marginali rispetto alla loro occupazione principale) senza però incorrere nel rischio di elusione degli obblighi fiscali. La prestazione occasionale è di tipo parasubordinato in quanto non è svolta in totale autonomia ma il lavoratore deve comunque relazionarsi rispetto ad un committente, particolarità questa che lo distingue dal lavoro autonomo occasionale.
LINK UTILI
https://www.inps.it/prestazioni-servizi/contratto-di-prestazione-occasionale
https://www.inps.it/news/osservatorio-sui-lavoratori-parasubordinati-i-dati-del-2019
https://www.cliclavoro.gov.it/Normative/Decreto_Legislativo_15_giugno_2015_n.81.pdf
https://www.camera.it/leg17/465?tema=jobs_act
https://www.camera.it/leg17/522?tema=il_ddl_di_riforma_del_mercato_del_lavoro
Corte di Cassazione, Ordinanza 23 gennaio 2020, n.1555; in tema di distinzione fra parasubordinazione e subordinazione cfr Tribunale di Gorizia sez.lav.,19/07/2018, n.88 – https://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=21711:cassazione-civile,-sez-lav-,-23-gennaio-2020,-n-1555-infortunio-sul-lavoro-identificazione-della-natura-del-rapporto-come-autonomo-o-subordinato&catid=16&Itemid=13